sabato 16 aprile 2016

Inventa "tre" acquari

Per le sue ricerche marine, Jeannette Power inventa non uno, bensì tre acquari. Due da immergere in acqua: una gabbietta in legno con delle ancore ai lati, e una gabbia in legno o in ferro con dentro un contenitore in vetro. Il terzo è l'acquario in vetro da tenere sulla terraferma, che tutti conosciamo.

E' il 1832 quando inizia i suoi esperimenti con i primi acquari in vetro tenuti sulla terraferma, che però si rivelano inadeguati per lo scopo che la ricercatrice intendeva raggiungere. Lei stessa, in seguito, nel 1860, scrive: "Ne ho fatto esperienza quando inventai gli Aquaria nel 1832, e benché studiassi gli animali marini nell'acqua di mare mantenuta al grado di calore voluto e avessi il nutrimento adatto per ogni specie, questi esperimenti non mi riuscirono completamente; allora ricorsi al mare, inventai delle gabbie...". L'Accademia Gioenia, nel 1835, definisce questi strumenti destinati all'immersione in mare "Cages à la Power" o "Gabbioline alla Power".               
Questa è la descrizione che ne fa Jeannette nello scritto indirizzato all'Accademia: "Per tale oggetto immaginai delle gabbie le quali erano 8 palmi di lunghezza, e 4 di larghezza, che feci costruire a mio talento, lasciando fra le sbarrette un conveniente intervallo; onde liberamente comunicasse l'acqua senza poterne uscire l'animale posto che le avessi nel mare; le piantai in un basso fondo marittimo presso la nostra cittadella in un sito ove poteva io senza disturbo eseguire le mie osservazioni".                
Jeannette Power applica rigorosamente un metodo: per dimostrare la capacità ricostruttiva del mollusco, spezza in più punti la conchiglia in 27 esemplari. Appura che l'Argonauta Argo è in grado di riparare le parti mancanti. Supportata nelle sue ricerche dagli amici messinesi, primo fra tutti Anastasio Cocco, invia i suoi primi risultati all'Accademia Gioenia nel 1834. Il professore Carmelo Maravigna presenta una prima memoria all'assemblea del dicembre di quell'anno, ed invita la scienziata a proseguire le ricerche.
La ricercatrice continua le sperimentazioni per molti mesi, per giungere a sciogliere i dubbi circa l'origine della conchiglia a partire dal "primo sviluppo dei suoi uovi". L'anno seguente, nel 1835, può scrivere al Segretario Generale dell' Accademia Gioenia: "Incoraggiata dagli ornatissimi signori Maravigna, il dottissimo Canonico Alessi ed altri amici, di presentare a codesta illustre Accademia la Conchiglia dell'Argonauta che io pazientemente osservai per conoscere il modo che l'animale impiegava per costruirla; mi viene fatto di dedurre in un modo diverso a quello che a quel aveva fatto il celebre Poli che la Conchiglia appartiene al polpo senza alcuna dubbiezza".                          
Quando la sua memoria viene letta ai soci dell'Accademia, Jeannette Villepreux Power viene "proclamata" all'unanimità socia corrispondente.                                                                

Incoraggiata da questi successi, Jeannette amplia i suoi orizzonti: prepara altre due memorie, una sulla riproduzione dei testacei ed un'altra sui fossili rinvenuti nella zona di Capo Milazzo. Il suo nome comincia ad essere conosciuto e citato in Europa da altri studiosi. Ma non tutti sono pronti ad accettare con pari entusiasmo i risultati sorprendenti di una scienziata autodidatta. (PB)